interview

TUMULTO

intervista alle autrici

Un viaggio in sella a una vecchia moto Virago tra i Balcani, due bravissime autrici, Silvia Rocchi e Alice Milani, e una graphic novel: Tumulto, per Eris Edizioni. Per la prima volta con una storia interamente scritta, sceneggiata e disegnata da loro, a quattro mani.

Come nasce Tumulto? Da quale idea e da quale esigenza di racconto? Cosa vi ha spinto nei Balcani in quei luoghi così carichi di storia?

A:  Ho degli amici di famiglia di Belgrado, ero già stata a trovarli diversi anni fa con i miei genitori e ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto rivedere quei posti da grande, soprattutto per visitarli da sola. Geograficamente è abbastanza vicino a noi, non ancora una meta particolarmente inflazionata e l’idea di esplorare un luogo che offre paesaggi bellissimi era già stimolante in partenza. Ci affascinava anche la storia del paese, di cui avevamo letto e sentito parlare. Direi che essenzialmente è stata la curiosità a spingerci fin lì.

S: Io e Alice ci conosciamo da circa quindici anni, abbiamo sempre lavorato fianco a fianco fin dai banchi di scuola e, anche se i nostri percorsi accademici si sono poi diversificati, siamo rimaste molto legate. Nel 2013 Alice ha fatto un viaggio nei Balcani con un’amica, nel 2014 lo abbiamo rifatto insieme toccando questa volta posti diversi. Coltivavamo già l’idea di fare qualcosa insieme che ci unisse a livello creativo e che non fosse esattamente legata alla forma del “fumetto” propriamente detta.

Quindi la storia ha preso forma poco alla volta… durante o dopo il viaggio?

A: L’idea della storia è nata piano piano dopo essere tornate perché abbiamo in realtà messo a frutto le nostre esperienze di viaggio. Tanti episodi che raccontiamo infatti sono realmente accaduti. Questo mese di viaggio è stato davvero ricco e stimolante, non solo per i luoghi attraversati, ma soprattutto per le persone che abbiamo incontrato. E per le loro storie, il loro atteggiamento nei confronti di un comune passato recente. Inevitabilmente tutto ciò è andato a costituire il corpo del nostro testo.

Avete incontrato durante il vostro viaggio persone che vi hanno fatto capire meglio il contesto entro cui vi muovevate? Alcuni personaggi sono quindi reali?

S: A Belgrado abbiamo conosciuto Eugenio Berra, il ragazzo che ha scritto la prefazione. Si occupa di turismo responsabile nei Balcani, ha un approccio molto dettagliato ed è molto competente sul versante storico. Nella prefazione del libro è riuscito a inquadrare il contesto. Uno dei personaggi realmente esistiti, peraltro uno dei miei preferiti, è il ragazzo che accompagna le protagoniste sul fiume Drina.

A: Occorre tenere presente che nel giro di pochi chilometri trovi atteggiamenti molto diversi nei confronti del passato. C’è chi, come questo ragazzo, non vuole più avere rancori ed è propositivo e luoghi in cui il rancore invece è ancora tangibile. Lo respiri nei racconti delle persone che incontri.  

Come vi siete preparate? Avete letto molto o siete andate per istinto?

A: La moto ce l’ha prestata mia madre che ringraziamo tantissimo.

S: Io in vista di questo viaggio ho preso appositamente la patente per guidare la moto, Alice l’aveva già.

A: Qualche spunto è arrivato da Un ponte sulla Drina di Ivo Andrić. Ma miravamo a una sceneggiatura fresca. L’intento non era quello di fare un testo approfondito da una punto di vista storico politico, alla Joe Sacco per intenderci, ma un romanzo di formazione.

Il passato del luogo si mescola con il passato da musiciste punk-rock delle due protagoniste dirette sulla Drina. Fiume altamente simbolico per essere stato teatro dei maggiori scontri durante la guerra in Bosnia Erzegovina. Un luogo di confine, di ridefinizione di identità, come dice Berra, che rappresenta oggi la speranza del ricongiungimento e in cui le protagoniste sono chiamate a fare i conti con il proprio passato e a chiuderli…

S: Abbiamo pensato di inventare un trascorso da musiciste per le due protagoniste perché la musica ci permetteva di stabilire una sorta di parallelo con l’ispirazione artistica in generale e il “gancio” è stato scrivere un testo di canzone che parlasse proprio di quel fiume. Seppur con ingenuità e in maniera naïf come possono farlo due ragazze di 16 anni.

A proposito del testo della canzone che avete scritto “Vinto dall’orgoglio,  sconvolto dal torpore la meraviglia è la tua ossessione. Continua,  sì continua a fingerti sordo, le nostre coscienze sibilano come proiettili sulla Drina”. Questi versi si rifanno a qualcosa in particolare?
S: È un testo che abbiamo scritto appositamente per farlo sembrare il più possibile eccessivo.

È dirompente come lo sono i testi di un certo tipo di punk hardcore italiano, specialmente anni ’80-’90. Un po’ retorico, molto perentorio per i toni così apocalittici.

A: È proprio quello con cui le protagoniste vogliono fare i conti. Si rendono conto che questo tono così apocalittico, eccessivo e retorico non va più usato, nonostante sia stato una parte importante della loro formazione artistica e della loro vita.

 

A proposito, tu Silvia hai caricato sul tuo canale Youtube anche una soundtrack per Tumulto, che consiglio ai lettori di ascoltare magari mentre leggono la vostra graphic-novel. C’è qualcosa di autobiografico in questo trascorso musicale?
S: Quello che in questo testo è legato alla storia musicale rispecchia un po’ i miei gusti. Ma c’è il vissuto di entrambe. Andavamo insieme ai concerti punk hardcore in giro per l’Italia, anche se ero io quella più legata al genere. E’ stata una parte importante della nostra adolescenza. È stato bello, c’era qualcosa di molto spontaneo e immediato anche in certi testi.

Per i disegni vi siete aiutati con note, schizzi sul posto, fotografie? Come avete proceduto?
A: Abbiamo fatto tantissime foto, ma entrambe abbiamo tenuto anche uno sketchbook personale che si è riempito man mano di disegni fatti nei diversi luoghi.

A livello di approccio e metodo di lavoro in cosa si discosta maggiormente rispetto ai vostri lavori precedenti?
A: Sicuramente è stata più difficile la parte di scrittura. Quando hai una commissione, poniamo sulla vita di una persona, ti basi sulla storia di quel personaggio e quindi, in un certo senso, hai un binario tracciato. Come punto di partenza è un po’ più facile. Nel nostro caso toccava a noi definire quello che volevamo raccontare e come volevamo raccontarlo. È stata la prima volta che abbiamo fatto un fumetto completamente nostro. La scrittura ha preso molto tempo ed è stata lunga e impegnativa.

S: Fatto lo storyboard però siamo riuscite a delineare precisamente le scene, in modo che il lavoro gomito a gomito fosse in qualche maniera facilitato. Una volta tracciata la strada più o meno non l’abbiamo lasciata.

Vi siete divise le scene o avete disegnato entrambe cercando un equilibrio?
A: All’inizio abbiamo provato a essere sistematiche poi in realtà ci siamo rese conto che era meglio vedere scena per scena come regolarci. In realtà non c’è una regola, non c’è un personaggio che è sempre disegnato dall’una o dall’altra. L’unica scena in cui c’è effettivamente una suddivisione del lavoro è il prologo in cui le due protagoniste sono separate e quindi le tavole di una sono fatte da me e le tavole dell’altra sono fatte da Silvia. Per il resto abbiamo lavorato sempre insieme, nello stesso spazio, passandoci anche la tavola.

S: L’unica regola è stata non lavorare mai separate.

A: Ognuna vedeva quello che faceva l’altra e si regolava di conseguenza. Seppur ciascuna  lavorasse sulla propria tavola per un intero pomeriggio, avevamo la possibilità di vedere subito il lavoro dell’altra. Così è stato naturale adattarsi reciprocamente. Se avessimo provato a lavorare a distanza probabilmente le tavole sarebbero state troppo diverse.

La tecnica usata così fresca, estemporanea, vicino allo schizzo mi sembra si adatti molto al racconto di viaggio, crea ritmo. Basta una pennellata di un altro colore per suggerire un cambio di registro.
A: Abbiamo usato molto i colori. Ogni scena aveva un suo registro cromatico. Nel fumetto non c’è molto testo però ci sono tante cose che vengono raccontate anche solo con i colori. Nella scena del sogno il fatto che sia tutto così impastato di una tinta violacea e sporca ci aiuta a restituire una sensazione di angoscia. Il flashback al museo invece, con quel colorino rosa-salmone, è tesa a suggerire un ricordo.

S: Sono escamotage che ti permettono di aprire una finestra sul filo del racconto. Ed è la sintesi che viene fuori da qualcuno che è comunque abituato a dipingere.

Il mix che fate di pastelli, acrilici, matite, acquarelli, è un po’ la vostra cifra stilistica, e sembra rendere il tutto più vissuto e materico.
A: Usiamo sempre tantissimi tipi di colori, ecoline, acrilici, tempere, matite, gomma.

Non abbiamo un’impostazione fumettistica fortemente classica, non siamo delle cultrici del disegno “pulito”.

Per raccontare storie è importante leggere molto e di tutto? Cosa state leggendo in questo momento?
A: Siamo entrambe delle grandi lettrici. Personalmente, ci sono periodi in cui mi dedico soprattutto ai romanzi, altri ai fumetti.

S: È importate crearsi un sottobosco di storie. A livello di documentazione “a posteriori” ora sto leggendo Fax da Sarajevo di Joe Kubert, molto storico e dettagliato.

Quali sono gli illustratori che vi hanno influenzato maggiormente?
A: Ce ne sono moltissimi. Uno che mi sta molto a cuore è Chris Ware anche se è lontano dal mio modo di disegnare, un genio per raccontare storie. Anche Gipi, soprattutto in Questa è la stanza che narra la storia di un gruppo di ragazzi che vogliono fare musica.

S: Posso citare Domique Goblet, pittrice belga, illustratrice, fumettista a tutto tondo. Nel suo lavoro le varie discipline si fondono. È per me di grande ispirazione. Poi Alberto Breccia, confesso di aver scoperto tardi il suo lavoro, ma lo ammiro moltissimo.

È stato semplice trovare un editore che pubblicasse il vostro lavoro?
A: È stato un po’ lungo. Però quando ci hanno risposto gli Eris ci siamo rese conto che erano gli editori giusti: sono giovani, hanno colto perfettamente il messaggio di fondo del nostro libro, anzi parlandone ci hanno aiutato a comprenderlo meglio. Avevano capito benissimo questa cosa di prendere una parte del proprio passato e farci pace, era proprio nelle loro corde, quindi è stato un ottimo connubio.

Che cosa vorreste arrivasse ai lettori di Tumulto?
S: La voglia di andare in giro con qualcuno con cui condividere le esperienze, perché le amicizie sono di tanti tipi e sono uniche. Sarà una banalità ma è qualcosa che mi piacerebbe arrivasse.

A: Tumulto è sì un romanzo di formazione, ma è anche un romanzo di viaggio ed è un grandissimo inno alla gioia di andare in giro in moto.

Treviso Comic Book Festival 24 settembre mostra delle tavole originali e presentazione di Tumulto con Alice Milani e Silvia Rocchi.

alicemilani
silviarocchi
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tramette.blogspot

Alice Milani, pisana classe 1986, dopo aver studiato pittura a Torino si è specializzata in incisione e tecniche di stampa a Bruxelles. Dal 2010 realizza fumetti autoprodotti con il collettivo di cui fa parte, La Trama. Il suo primo graphic novel, Wisława Szymborska. Si da il caso che io sia qui, è uscito nel 2015 (BeccoGiallo); dedicato alla poetessa vincitrice del Premio Nobel è stato anche tradotto in polacco.

Silvia Rocchi, pisana classe 1986, fa parte del collettivo La Trama, con cui realizza fumetti autoprodotti. È autrice unica delle biografie di Alda Merini, Ci sono notti che non accadono mai, Canto a fumetti per Alda Merini, e di Tiziano Terzani, L’esistenza delle formiche, entrambe edite da BeccoGiallo, uscite rispettivamente nel 2012 e nel 2013. Ha disegnato la storia scritta da F. Riccioni, Il segreto di Majorana nel 2015 per Rizzoli Lizard e nel 2016 I giorni del vino e delle rose scritta da Diego Bertelli per Valigie Rosse. Nel 2015 ha vinto il premio “Nuove Strade” assegnato ai giovani disegnatori dal festival Napoli Comicon.