Animation

LUCE, SCULTURA E ANIMAZIONE: la creatività in movimento di Michelangelo Fornaro

C’è una crepa in ogni cosa
ed è da lì che entra la luce.
(Leonard Cohen)

La poesia, la musica. La luce e le cose. La luce che entra nella cose, le cose che nella loro fragilità e nel loro essere effimere diventano creature provviste di anima nelle mani di chi sa. Di chi sa il segreto che ognuna di loro cela. Al di sotto della superficie. La superficie che a volte è il massimo della profonditàE Michelangelo Fornaro da anni indaga le possibilità della luce e la sua capacità di penetrare e abitare le cose. Scultore, musicista, animatore e regista, nasce a Pomigliano d’Arco (nella provincia di Napoli) nel 1976. Cresce in una casa piena di calchi in gesso, pittura, colori e argilla grazie al padre che si diletta in varie arti. Costruire presepi e sculture diventa per lui non solo una forma di gioco ma anche un modo per esprimere il proprio mondo interiore. Si appassiona in seguito alla musica e studia chitarra classica per poi interessarsi all’Antropologia che studia all’UniversitàL’amore per le tradizioni e gli usi e costumi della sua regione (che diventa sempre più grande grazie all’incontro con personalità come Pasquale Scialò, Domenico Conci e Marino Niola), culmineranno nel suo cortometraggio O’ Guarracino(2004), ispirato appunto alla famosa canzone del repertorio popolare napoletano risalente al ‘700 e che vede protagonisti dei pesci e i loro sentimenti, in cui la stop motion si va a fondere con la live action creando un mix esplosivo (il corto nel 2005 vinse il premio Kodak Vision e quello del Pubblico al XXII Torino Film Festival, arrivò in finale al David di Donatello ed ebbe una menzione speciale ai Nastri dArgento). Ed è con l’incontro con il figlio di Tullio Pinelli, Carlo Alberto, che inizia a collaborare a documentari e ad approfondire la cinematografia. Si iscrive alle selezioni del Corso di Animazione del Centro Sperimentale di Cinema, con sede a Torino, ed entra ufficialmente in contatto con il mondo dell’Animazione. Durante gli anni del Centro, Michelangelo si avvicina alla stop motion che diventa per lui un modo per fondere le arti tradizionali come la scultura, con quelle più tecnologiche come quelle audio-visive. La stop motion gli permette di mettere in movimento le sue creazioni. Si trasferisce poi per un anno tra Londra e Galles, dove conosce Dave Borthwick dei Bolex Brothers (autori della stop motion dark degli anni ’80) e, attraverso di lui, ha la conferma che la stop motion può essere davvero una tecnica straordinaria per raccontare una storia. Sarà Dave a consigliargli di tornare in Italia e di raffinare la tecnica appresa. E così, tornato a Torino (dove vive tutt’ora), inizia a lavorare per la Rai realizzando sigle televisive e spot animati, dando sfogo ai diversi implusi relativi all’arte manuale-artigianale (come ad esempio la creazione del design del Prix Italia e della campagna pubblicitaria nazionale del Natale 2014 della Rai). Ha realizzato anche video-installazioni e video mapping; e ha collaborato con Alice Rohrwacher per alcune pubblicitàDa diversi anni, infine, tiene corsi di specializzazione di stop motion nel suo laboratorio dove continua a realizzare automi e sculture cinetiche oltre che a coltivare i suoi progetti personali. Ho conosciuto Michelangelo proprio durante uno dei suoi workshop e da allora lo considero il mio mentore. L’ho dunque incontrato per ILIT per parlare della sua idea di animazione e del suo lavoro sulla materia, che si avvicina sempre di più all’artigianato e sempre di meno alla tecnologia.

↑ ©-Michelangelo Fornaro

Michelangelo, qual è stato il cammino che ti ha condotto al cinema danimazione?
Il percorso legato alla scultura, iniziato quando ero piccolo in famiglia, è stato un momento importante per me. Davvero importante. Ho compreso, anche se ovviamente in modo inconscio dato la giovane età, la bellezza della materia e della manipolazione della forma grazie all’acquisizione di una certa manualità. Il mondo osservato diveniva materia tangibile tra le mie mani. E in questo senso, la costruzione del presepe napoletano è stata determinante nell’approccio a quello che sarebbe diventato poi la creazione di pupazzi e di ambientazioni animate. La scultura poi l’ho abbandonata per dare spazio allo studio della musica. Ma poi l’ho ripresa in adolescenza con la comprensione che la luce è generatrice di forme. La luce modifica le forme. Dà loro una specifica intenzione. Costruivo le sculture quando ero adolescente e le fotografavo, sperimentando le possibilità della luce e la sua capacità di creare atmosfere diverse e suggestive. L’animazione mi ha dato un ulteriore modo di approfondire questi miei esperimenti.

Tu dunque come ti consideri? Ti definiresti un animatore puro?
Mmm…direi di no. Io non mi considero un animatore puro. Per me l’animazione è una delle possibilità espressive. A me piace costruire, progettare, abbozzare…lavorare sul concetto dell’effimero.

↑ ©-Michelangelo Fornaro

E il tuo lavoro sull’argilla? Manipolare l’argilla è per te un modo per coniugare l’animazione con lo studio delle possibilità delle forme?
Sì, è così. L’animazione mi permette sia di lavorare con la materia sia con la luce. Quindi mi permette di unire l’effimero con il tangibile. L’argilla diviene la materia con cui costruire le ambientazioni e i personaggi di una storia. Nel momento in cui la scultura incontra l’animazione, c’è bisogno di creare una vera e propria squadra di lavoro, perché l’animazione ha un processo così lento e complicato che ha bisogno di persone specializzate in vari ambiti. In questi ultimi mesi sto appunto lavorando a un progetto incentrato sull’argilla animata. Normalmente in un progetto dautore si lavora da soli, ma stavolta si è costituita una squadra di persone specializzate ed appassionate. Il mio laboratorio è anche il posto dove si alternano collaborazioni per la creazione di automi e sculture cinetiche.

↑ ©-Michelangelo Fornaro

Di cosa si tratta esattamente?
Un cortometraggio in animazione stop motion assieme a una nuova squadra dislocata un po’ in giro per tutta Italia. Ad accomunarci c’è la passione e la voglia di fare qualcosa di nuovo e speciale. Sia per noi che per tutti. Il corto racconta di un percorso esistenziale di un personaggio al quale, andando alla ricerca di se stesso, accadono varie cose in una città dall’atmosfera plumbea finche’ non arriva in un luogo che lo porterà alla comprensione della bellezza (e dellimportanza) della luce. Detto così sembra una storia molto filosofica e metafisica…ma è anche molto umana e legata a situazioni comuni a tutti noi.

Come realizzerai, di preciso, questi personaggi in argilla?
L’argilla è una materia difficile da domare. Se nel processo di scultura classico si attendono le varie fasi di essiccazione per la realizzazione dei dettagli, per quanto riguarda l’animazione, questo non è possibile. La modifica della materia fatta frame by frame è un processo lungo e complicato perché l’argilla si asciuga e quindi ti chiede di far presto. Diciamo che l’argilla somiglia un po’ alle giornate degli affreschi: in brevissimo tempo devi, per ciascun frame, mantenere l’intenzione espressiva dei personaggi…e il tempo che hai a disposizione è davvero poco! L’argilla quando è fresca non si autosostiene e dunque ha bisogno all’interno di un’armatura che le permetta i movimenti ed eviti il crollare della figura. L’armatura  da’ la libertà di poter muovere la figura senza preoccuparsi del peso dell’argilla! Così come usiamo armature per la scultura classica, per l’animazione l’armatura deve non solo sostenere il personaggio ma anche permettergli di compiere gesti e movimenti nello spazio. L’argilla animata risente dell’intervento dello scultore/animatore e quindi della sua presenza. Ogni contatto tra l’animatore e la materia si mostra attraverso pressioni e graffi che vibrano sulla sua superficie, rendendola viva. La cosa più importante però è che la scultura, in questo processo, non perda la sua maestosità.

Quali sono le tue fonti di ispirazione? Ti sei ispirato a qualcuno in particolare?
Direi Svankmajer, i Quay Brothers…ma anche Rodin, Giuliano Vangi e Javer Marìn!

Vedi un futuro per questo tipo di animazione?
Sì! Secondo me l’argilla ha un enorme potere espressivo. Film, graphic novel, quadri digitali in un museo…e altre possibilità ancora che, i continui e costanti esperimenti, porteranno in futuro!

↑ ©-Michelangelo Fornaro

michelangelofornaro.com
camerafilm.eu