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GLORIA PIZZILLI_STUDIARE LA MOKUHANGA SCRUTANDO LA VITA AI PIEDI DEL MONTE FUJI. “DOVE TUTTO È PIÙ REALE E TI INSEGNA AD AVER CURA DELLE TUE AZIONI”.

L’esperienza di Gloria Pizzilli al Nagasawa Art Park. Un viaggio grazie al quale l’illustratrice pratese ha scoperto uno spazio nuovo e personale, lontano dalla frenesia e dalla visibilità a tutti i costi. ’Basta Facebook, la creazione artistica è una voce in cui immergersi al momento giusto, non un martellio continuo”

Si può, disegnando, ascoltare il tempo. Si può, nel flusso di secondi, minuti, ore, imparare a prendersi cura, la massima cura possibile, di ogni nostra singola azione. Per Gloria Pizzilli, la rivoluzione silente si è accesa lontano, dall’altra parte del mondo, tra le mura di una casa ai piedi del monte Fuji, in Giappone, nelle cinque settimane trascorse al Nagasawa Art Park, residenza artistica che ha ospitato tra maggio e luglio un corso di approfondimento sulla mokuhanga, la xilografia giapponese.

Un progetto, fondato nel 2011 per la diffusione di questa tecnica a livello internazionale, che ogni anno seleziona artisti, stampatori e designer provenienti da tutto il mondo in un periodo di studio e approfondimento pratico. Un’esperienza fuori dal comune, in uno dei posti più suggestivi del Giappone, dal 2013 parte del patrimonio Unesco, abbracciato dalle acque del lago Kawaguchi. “Avevo già sperimentato la mokuhanga in Italia, mi è talmente piaciuta che ho deciso di studiarla a fondo – racconta l’illustratrice pratese -. Così ho deciso di partire per il Giappone”. Sotto il profilo didattico il periodo trascorso al Nagasawa Art Park è stato parecchio impegnativo: “Otto ore di lavoro al giorno, 5 giorni alla settimana pieni; i maestri sono stati molto rigidi su questo, si chiedeva massima partecipazione e concentrazione durante tutti gli workshop – continua Gloria -. Il nostro gruppo era formato da sei persone: un inglese, un’americana, un’australiana, una ragazza di Hong Kong, un canadese e un’italiana, io. Quattro stampatori, una designer e un’illustratrice, ancora io. Lo scambio con altri partecipanti è stato davvero importanti. Non solo gli insegnanti e le persone, ma anche gli artisti coinvolti riescono a darti tantissimo”. Crescita professionale e tecnica, ma il viaggio sembra aver aperto ben altre prospettive. Il ritorno a Tolosa, città dove Gloria vive con la famiglia, ha portato con sé cambiamenti profondi. “Avevo già provato l’esperienza della residenza artistica lo scorso anno in Islanda. In Giappone ho conosciuto un diverso approccio culturale, non solo nella tecnica, ma anche nella vita quotidiana, come nel rapporto con il cibo e con la casa che mi ospitava – spiega -.

I processi sono molto più interiori, tutto appare più reale, ogni cosa ha il suo tempo e il suo spazio. E così cominci a distribuire la tua vita quotidiana, a riservare dei momenti a cose specifiche. Poi anche le distrazioni vengono meno e trovi uno spazio finalmente tuo”. Uno spazio al di fuori delle regole della frenesia, della versatilità a tutti i costi, dalle logiche del multitasking esasperato e della sovraesposizione social-mediatica.
Da qualche giorno Gloria ha abbandonato pure Facebook, il social network più famoso e utilizzato, un collegamento che la teneva in contatto con  molte persone del mondo dell’illustrazione, in generale, e del lavoro, in particolare.

“Molte cose succederanno questo autunno e avrei avuto di che riempire il mio profilo, ma scelgo di non farlo più; non mi sono limitata a disattivare il profilo, l’ho letteralmente svuotato, ho eliminato quattro anni di like, commenti, views, post, foto, tag e ora non resta più niente – rivela – L’ho fatto spinta da un convinto bisogno di chiarezza e correttezza. Ho rivisto l’enorme quantitativo di immagini, discorsi, chiacchiere senza senso, scherzetti, polemiche, opere d’arte e opere orribili, da cui mi sono lasciata inondare. Mentre cancellavo i post, mi sono resa conto che mi ricordavo tutto. Ogni immagine, ogni commento, ogni singolo like. Cliccare un tasto sarà anche passivo, ma lascia un segno indelebile, non solo nella memoria di Facebook, ma anche nella nostra”. E ancora: “Mi sono detta: se gli altri hanno, in qualche modo, contaminato me, anche io ho contaminato loro. Ora non sono più convinta che Facebook sia il posto giusto per illustratori, disegnatori e fumettisti nel quale condividere l’arte in generale – riprende Pizzilli -. Quella che definiamo “la dose giornaliera di creatività”, altro non è che un’interferenza col nostro immaginario originale”. Mettila così: un illustratore entra su Facebook il frutto del proprio lavoro. Ogni giorno uno schizzo, una preview, un lavoro finito. E’ bravo, piace, raccoglie like, commenti, apprezzamenti. “Fa bene al suo ego, lo spinge a fare di più, a condividere di più – prosegue  -. Si, questo modo di interagire lo chiamiamo condividere, ma in realtà è un bombardamento dell’ego su altri ego. Facebook non è un social per artisti, ma un social generico. E così i disegni, le anteprime, gli esperimenti, le speranze, si ritrovano in mezzo alle foto dell’aperitivo, ai commenti razzisti, ai selfie delle vacanze, ai morti ammazzati. Questo è lo spazio che lo sforzo dell’ingenuo illustratore va ad occupare. Un trafiletto dell’ego in mezzo al brusio”. A subire gli effetti del “bombardamento visivo”, secondo Gloria, sono soprattutto i giovani, sugli aspiranti illustratori.

“Lo studente si ritrova Tizio che ha vinto il premio, il nuovo schizzo di Tizio, lo sketchbook di Tizio, e poi l’ultimo libro, l’anteprima per la mostra e così via. Questo tutti i giorni, più volte al giorno; anch’io ho cercato consensi attraverso facebook, senza rendermi conto dell’effetto che poteva avere sugli altri – conclude – Per questo levo le tende e torno nella rete ‘comune’, quella slow. Quella dove per trovare un artista devi cercare, trovarne il blog, goderne al massimo e poi dimenticare. Mantenere le sensazioni positive e poi lasciarlo lì, dove l’hai trovato. Per tornare dopo una settimana, dopo un mese, tra un anno, mai più. La creazione artistica è una voce, in cui immergersi al momento giusto, col tempo giusto, con l’attenzione giusta.
Non un martellio continuo”.