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BRAD HOLLAND: RENDERE VISIBILE L’INVISIBILE.

Mi preparo all’incontro con un mito, Brad Holland.
Conoscerò colui che ha fatto la Storia dell’illustrazione americana e non solo.

Per un aspirante illustratore incontrare Brad Holland è come per un architetto andare a un appuntamento con Le Corbusier. O per un pittore incontrare Pollock: vi siete praparati mille domande, avete studiato. Avete di fronte l’uomo che ha rivoluzionato il concetto stesso di illustrazione e il ruolo dell’ illustratore, assimilandolo definitivamente, almeno per ciò che gli compete, a quello di artista a 360 gradi. E poi vi ritrovate ammutoliti.

A guardare le immagini scorrere, quelle che hanno distinto la sua carriera, ci si rende conto che coincidono con quelle che hanno fatto la storia degli ultimi quarant’anni circa, dai famosi disegni apparsi sulle pagine di Playboy e soprattutto a quelli successivi a tratto in bianco e nero sulle pagine interne del New York Times (siamo tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70), a quelle realizzate in acrilico o olio per le copertine dei più importanti magazine americani (The New York Times, Time, The New Yorker, Vanity Fair, Rolling Stone). Immagini potenti, vigorose, surreali.

Osservandole non si può fare a meno di pensare alla necessità di ampliare il proprio bagaglio iconico, perché quello che vedete è libertà. Non ci sono mode stilistiche, è la libertà espressiva di un uomo e di un artista calato nel suo tempo e che, come tutti i veri grandi, è stato capace di cogliere nelle sue opere le paure, le contraddizioni, le assonanze e le distonie di una società.

L’appuntamento alla Galleria Nuages di Milano, in occasione della presentazione del suo ultimo libro Il principe felice (dal racconto di Oscar Wilde propostogli dalle edizioni Nuages per la sua collezione dei grandi classici illustrati), era uno di quelli da segnare in rosso sulla vostra agendina, assolutamente imperdibile. Ora avete tempo fino al 23 luglio per gustarvi la mostra, una selezione delle sue opere passate e recenti tra le quali le tavolie originali dell’ultima pubblicazione.

Vado al secondo dei due incontri, quello moderato da Ivan Canu illustratore, autore, direttore del Mimaster.

L’atmosfera è rilassata, intima direi. E scopro un Holland grande affabulatore, generoso nel raccontarsi e pieno di piccoli aneddoti sulla vita professionale e privata, a volte veramente esilaranti. Ci regala una lezione sulla professione di “illustratore”, anche se non gli piace essere chiamato così. Una lezione ancora attuale per chi già fa questo mestiere e per chi vorrebbe farlo e sta muovendo i primi passi.

Nel momento in cui Brad Holland comincia a lavorare per i grandi magazine l’illustrazione editoriale è quasi morta: quando l’illustrazione ha la fortuna di non essere soppiantata dalla fotografia svolge semplicemente una funzione narrativa, di accompagnamento al testo per esplicitare e ribadire in immagini quello che già viene detto nell’articolo.
Holland deciderà invece, e in questo sarà pioniere, di rappresentare le idee, le sue, in merito a una tematica, che sia politica o sociale, le esperienze, di rendere in poche parole visibile l’invisibile e di modificare il rapporto con il committente, l’editor e/o l’art director.
Questo artista si presenta e riesce ad imporsi come un vero e proprio secondo autore capace di interpretare lo stesso tema del giornalista con un’ opera visiva che aggiunge significati e che non nasce necessariamente dal testo scritto accanto.

Del resto l’essere stato candidato al premio Pulitzer nel ’76 per la serie di illustrazioni fatte durante il caso Watergate, nasce proprio da questo modo di procedere e lavorare: si teneva aggiornato sulle ultime notizie e proponeva una sua visione dei fatti. Successivamente la sua illustrazione andava ad affiancarsi all’articolo. Nessun illustratore era mai stato candidato prima al Pulitzer.

Le copertine e il lavoro di Holland hanno saputo imporsi tanto da modificare talvolta anche le regole grafiche di impaginazione del magazine. Una curiosità il caso della copertina su ayatollah Ruhollah Khomeyni. Per trovare la giusta efficacia dell’immagine Holland decide di fare risaltare solo il primo piano, di ritagliare la sua illustrazione al viso dell’ ayatollah. E per questo lo strillo “man of the year” del Timesarà messo sopra la testata del giornale, cosa che si ripeterà in seguito.

Si scopre anche autore di manifesti, splendidi e numerosi quelli per l’Odeon Theaterdi Vienna, e precedentemente quelli che riportano le sue affermazioni o citazioni. Tra i più conosciuti “That’s not art that’s illustration (…)”, disegni a tratto in cui la sua calligrafia tremolante diventa un nuovo font ed espediente perfetto che riuserà in futuro per l’Odeon ed il Chester College.

Riguardo alla sua ultima opera Il principe felice Holland ci dice che è il suo racconto preferito, probabilmente quello che più ha influenzato la sua vita e gli è rimasto dentro, perché è proprio su quel testo – che sua nonna gli rileggeva spesso – che ha imparato a leggere e che ora, all’età di 72 anni, ha illustrato per una fortuita coincidenza. Come un regalo che in qualche modo ritorna e che può far conoscere ad altri.

È impressionante pensare alla tenacia e alla determinazione di questo artista autodidatta che già da ragazzino sapeva perfettamente ciò che voleva diventare,. Vedendo stampate sulle riviste le immagini d’arte, le incisioni di Rembrandt e non sapendo fossero incisioni, cercava di riprodurle a tratto, esercizio questo che gli tornerà utile in seguito per sperimentare un nuovo stile nelle sue illustrazioni in bianco e nero.

Holland inoltre da diversi anni sta combattendo negli Stati Uniti una dura battaglia giudiziaria per difendere insieme ad altri artisti e illustratori il diritto d’autore, che rischia di venir meno a causa di un disegno di legge che ne vuole modificare alcuni fondamenti. Un esempio. Per le opere “orfane” per le quali non si riesce a risalire all’autore, la nuova legge al vaglio prevede, semplificando, che chiunque possa appropriarsene e utilizzarle a propria discrezione (per saperne di più:http://ipaorphanworks.blogspot.it/). Ovviamente tutto ciò diventa ancor più grave nell’era digitale, in cui non si capisce bene quali saranno i limiti del concetto del fair use americano. Se venisse approvato il ddl si rischierebbe che il copyright di tantiorphan works passi dai singoli autori ad alcune grandi compagnie (vedi Google..). L’ipotesi che la legge venga approvata non è così remota. Holland consiglia di registrarsi anche negli States.

Galleria Nuages, Holland, fino al 23 luglio 2016

LINK:
http://www.bradholland.net
http://www.nuages.net/autori.asp?autore=61&opera=08/10/2015
https://en.wikipedia.org/wiki/Brad_Holland_(artist)
http://ipaorphanworks.blogspot.it/
http://www.orecchioacerbo.com/editore/index.php?option=com_content&view=article&id=87&Itemid=59
http://www.varoom-mag.com/?p=893
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2007/04/Brad-Holland-intervistato-da-Rosa.shtml?uuid=218e9514-e8d6-11db-83d8-00000e251029&DocRulesView=Libero
http://www.gosee.us/image/margarethe-hubauer-brad-holland-302964/news/13269