Nel 1995 New York è colpita da una grandiosa tempesta di neve, una di quelle che chiude le scuole, spolvera i palazzi di bianco e riversa i cittadini per strada, armati di incontenibile euforia, sci e slittino. Lorenzo Mattotti lavora già a The New Yorker – ci arriva due anni prima fortemente voluto dal nuovo art director Françoise Mouly – e immagina la sensazione di trovarsi nelle solite vie, trasformate dalla nevicata, disegnando un cittadino intento a trascinare una gigantesca palla di neve. Luce e silenzio improvviso parlano in questa copertina, come se la neve fosse l’unico modo per rallentare la Grande Mela.
Un libro racconta la storia di questa e altre trentuno copertine, realizzate dall’autore in oltre vent’anni di lavoro per la più famosa rivista americana, fondata nel 1925 da Harold Ross e Jane Grant. Lorenzo Mattotti. Covers for The New Yorker è un viaggio nei retroscena di quelle copertine senza tempo, edito da Logos Edizioni e curato da Melania Gazzotti, in uscita in questi giorni e già ordinabile qui. Il libro si apre con le parole della stessa Mouly – che prima di arrivare al New Yorker aveva costruito e diretto con il marito Art Spiegelman la rivista RAW – e svela i particolari di ciascuna cover; come la prima, Manhattan Rising del 21 giugno 1993, ispirata a un disegno regalato alla moglie qualche anno prima. E ancora Vivienne Westwood, Paris – Prêt-à-porter, sintesi del reportage della settimana della moda parigina, realizzata appena rientrato e in pochissime ore, grazie alle fotografie scattate dalla rivista di moda Vanity, che la sorella ottiene in prestito a Milano e porta al fratello a Udine, riuscendo così a consegnare il lavoro al corriere delle sei del mattino, pronto per imbarcarlo sul Concorde e raggiungere la redazione americana in tempo per la chiusura delle pagine.