Animation

Stop motion e palcoscenico animato. L’intervista a Barry Purves.

“Dai una maschera a un uomo e lui ti dirà la verità. Questo è il modo in cui io vedo l’animazione, in particolare la stop motion. È così artificiale che rivela nella sua artificialità qualcosa di più diretto rispetto a qualsiasi altro tipo di film girato dal vero”.

Barry J. C. Purves


Barry Purves è un animatore stop motion e regista inglese. Attivo fin dagli anni ’80, lavora a serie televisive per bambini e riesce a ritagliarsi piccoli spazi dove sviluppare la sua poetica. Nascono così cortometraggi meravigliosi come
Next, dove in soli 5 minuti un timido Shakespeare deve mettere in scena tutte le sue opere davanti un regista teatrale molto esigente, oppure il sensuale Achilles, che racconta la storia di amore e morte tra Patroclo e Achille o ancora Screen play (candidato agli Oscar come Miglior Cortometraggio) dove il palco rotante diventa un luogo dove si fondono vare forme di comunicazione visiva e narrativa (come il teatro Kabuki). Prendendo spunto e ispirazione dai suoi film preferiti (Mary Poppins, Shakespeare in love, Gli Uccelli, King Kong, Cabaret, A qualcuno piace caldo, Singing in the rain, Les Enfants du Paradis), dal teatro (opera lirica, il teatro shakespeariano, il teatro kabuki, il teatro delle marionette, il teatro greco) e da tutto quello che più lo ha emozionato e lo emoziona, Barry Purves rende la stop motion un’arte sintetica e multimediale, dove non c’è più differenza tra palco e realtà, tra l’essere pupazzo e l’essere vivente. Il suo è dunque un palcoscenico animato dove confluiscono più forme narrative e visive (come la musica, il cinema, il teatro, l’opera) al servizio di quella che per lui deve essere il motore principale non solo dell’animazione ma dell’arte in generale: l’esigenza di raccontare una storia che deve essere raccontata. Keep it simple and tell the story” è infatti il suo motto. La stop motion si presta particolarmente bene a questo obiettivo perché permette all’animatore di toccare con mano tutti i singoli aspetti e movimenti della storia instaurando un rapporto fisico con il pupazzo. L’animazione così, spogliatasi della pretesa di essere realistica, diventa un vero e proprio invito all’immaginazione e alla libertà creativa.

Barry Purves
↑ Barry Purves

Ho avuto l’onore e il piacere di incontrarlo durante uno dei suoi workshop e di conversare con lui riguardo la sua poetica e il suo modo di vedere la stop motion.

1) Cosa provi quando animi un pupazzo? Hai dei rituali prima di animare?

Quando animo un pupazzo spero di avere abbastanza tempo per conoscerlo, in modo da poter sapere in che modo si muove e cosa sta pensando. Di solito vado a nuotare la notte prima di girare e mi immergo pensando a come il pupazzo penserà. Siccome giriamo 10 o 12 secondi al giorno, devo sapere attentamente ai dettagli di cosa quel determinato pupazzo andrà a fare in quella determinata scena. È come un attore. Devo sapere a cosa il pupazzo sta pensando.

2) Che cosa pensi delle diverse tecniche di animazione stop motion (pixillation, sabbia, plastilina)?

Amo i pupazzi perché sono completi. E amo la loro consistenza. Mi piace il fatto che non bisogna scolpirli ogni volta. Non sono un bravo scultore. Preferisco la squisita fattura dei costumi, cosa che non è possibile con la plastilina. Ma film come “Mary and Max” di Adam Elliott sono straordinari con quei personaggi semi-abbozzati. La plastilina non è contraria alla narrazione. Ma a me piace la ricchezza dei tessuti e delle superfici. Una volta che realizzi un pupazzo puoi applicargli sopra vari dettagli che vanno a costituire la ricchezza della sua superficie.

3) Oscar Wilde ha detto “dai a un uomo una maschera e lui ti dirà la verità”. Nel tuo cinema, le maschere sono molto significative.

Amo Oscar Wilde. E penso che quello che lui ha voluto dire è che: “con l’essere artificiale puoi essere più onesto”. Penso che il teatro sia una questione di distanza. Una distanza intesa come strumento che ti permette di essere libero. Se hai un pupazzo nella tua mano puoi dire tutto o dire quello che forse non puoi dire. È come un supereroe. Il pupazzo può essere molto più oltraggioso rispetto a un normale essere umano. Penso che Oscar Wilde abbia voluto dire “goditi l’artificio perché puoi essere più onesto non essendo te stesso o puoi essere te stesso con l’essere qualcun altro”. Anche la maschera o semplicemente un naso rosso su di un clown ti permette di essere chiunque. Dai un pupazzo a un uomo e lui ti dirà la verità. Così puoi parlare di argomenti come la politica, il gender, la cultura, la storia. Chi si può arrabbiare con un pupazzo? Questo è quello che intendo quando parlo di maschere. Bisogna godersi la distanza e l’artificio, questo è quello che penso.

4) Nei tuoi lavori, con la stop motion vengono raccontate storie molto lunghe in un lasso di tempo molto breve e in spazi altrettanto ristretti. Come in Next dove concentri trentaquattro opere di Shakespeare in circa cinque minuti.

Questa può sembrare una critica e sono consapevole di ciò. Metto troppe cose nei miei film e pretendo che il pubblico guardi ogni singolo fotogramma. Ma al pubblico di oggi forse piace solo guardare disegni animati. A me piace giocare con mondi strutturati. Amo i dettagli. Voglio fare lungometraggi ma sto facendo dei corti. Ma in realtà anche in dieci minuti puoi restituire al pubblico una grande esperienza. Ed è questo quello che sto cercando di fare. Fai il tuo viaggio in dieci o undici minuti, questo è quello che penso. È anche molto stancante perché i miei film sono pieni di suoni, musica e oggetti dettagliati e bisogna prestare molta attenzione. Ma non c’è nulla di male nel prestare attenzione.

5) Di solito nei film in stop motion siamo abituati ad assistere alle avventure di animali parlanti, di scheletri o di strane creature. Nei tuoi film invece vediamo pupazzi simili agli uomini non solo nelle loro sembianze ma anche nel loro modo di provare emozioni.

Sì, lavoro con pupazzi figurativi. Ma penso che la stop motion non sia solo una questione di pupazzi: riguarda il modo in cui racconti le storie. Riguarda l’uso della luce, dei colori, della macchina da presa. L’animazione riguarda tutti questi elementi cinematografici per raccontare una storia fantastica. E sì, forse i miei personaggi si comportano come umani ma la storia viene narrata in un modo che non è possibile in altri modi. Come in Achilles dove i pupazzi assomigliano a statue greche e non a umani. Loro stanno su un disco sospeso nello spazio bagnato dalla luce. Non sono film realistici ma hanno a che fare con questioni realistiche.

6) Il movimento degli occhi dei tuoi personaggi gli permette di esprimere le loro emozioni e i loro sentimenti più intimi.

Gli occhi sono importanti in un personaggio. Credo che a un pupazzo tu possa togliere via il naso e lui ancora funziona, puoi togliergli la bocca e ancora può funzionare ma non puoi eliminargli gli occhi. Gli occhi sono il luogo dove puoi capire l’intero processo. Possono mentire, possono essere sarcastici, possono essere tutto. Il loro battito è una forma di punteggiatura. Ma bisogna avere occhi buoni. Trovo che gli occhi celesti siano quelli più espressivi di tutti. Forse perché li puoi vedere con maggiore chiarezza. Tramite gli occhi puoi capire il processo del pensiero. Così il mio consiglio è quello di avere sempre occhi buoni e buone mani!

7) Come vedi il futuro della stop motion?

Fino a quando la stop motion non pretenderà di essere realistica, penso ci sarà sempre un futuro per lei. Non può essere simile alla vita vera! Non può essere generata dal computer! Non possiamo mettere insieme la sua soavità in altro modo! Dobbiamo goderci il pupazzo… essere un pupazzo!

↑ Barry Purves