Il Bologna Ragazzi Award (BRAW) è un premio con cui, da oltre cinquant’anni, la Fiera del Libro di Bologna seleziona, nel parterre dell’editoria mondiale, albi e libri illustrati che si distinguono per l’eccellenza del progetto grafico-editoriale e per la capacità innovativa nell’illustrazione e nella narrazione. Da poco sono state proclamate le più interessanti uscite del 2016 (potete trovarle qui), che delineano un panorama generale sicuramente non esplosivo ma stabile, in cui brillano alcune perle. Dall’osservatorio del premio si legge una certa salute dell’albo illustrato e una serie di percorsi e tendenze in via di trasformazione nel campo della letteratura per figure.
Controversa in questo senso la scelta del premio della sezione “Fiction”, A Child of Book di Oliver Jeffers e Sam Winston, uscito per Walker Books e appena pubblicato in italiano da Lapis, con il titolo La bambina dei libri. L’intervento d’illustrazione di Winston a partire dalla tipografia è complesso e ricercato: i testi di capolavori della letteratura per l’infanzia si trasformano in paesaggi di parole a sfondo delle avventure della protagonista del libro e del suo sodale. Ma all’albo manca il quid che ci aspetteremo da un libro premiato. Non è particolarmente originale rispetto altre prove di Jeffers che, anzi, disperde quella verve comica e agrodolce che contraddistingue la sua opera. Né tantomeno lo è il tema, una storia di libri sui libri, che sembra architettata per commuovere il lettore adulto, e ci chiediamo quanto invece possa interessare un giovane lettore.
Menzioni e altre sezioni del premio segnano dei percorsi forse meno “compiuti” di quello di Jeffers e Winston, ma colgono dei segnali, aprono porte su nuove possibilità di esplorazioni grafico-narrative dell’albo, senza essere nella sperimentazione sterili o lontani dai lettori. In primis il norvegese Jeg Rømmer di Mari Kanstad Johnsen per Gyldendal Norsk Forlag (qui un bell’intervento dell’artista sul progetto). È un albo senza parole, in cui una situazione tipica di molte storie per piccoli – il trasloco di una bambina e le difficoltà di relazione con un posto nuovo e persone ostili –viene raccontata attraverso una prospettiva molto interessante. La Johnsen sovverte la regolarità dell’albo illustrato, giocando sul moltiplicarsi delle forme di montaggio, filo essenziale della narrazione: affiancamenti di pagine cromaticamente contrastanti, soluzioni fumettistiche con vignette ottenute da una brutale partizione della pagina in quattro, scelte claustrofobiche o aperture aeree, rendono perfettamente l’altalena di umori della protagonista. L’effetto finale che il segno rapido e scivoloso dell’autrice impartisce alla storia è di costante tensione e sorpresa, che ricorda le atmosfere di Tove Jansson.
Accanto a Jeg Rømmer ben si colloca una menzione della sezione “Opera prima”, Max et Marcel di Alice Meteignierper Éditions MeMo, per affinità linguistiche e di immaginario. L’albo racconta il regalo che Max fa al suo cavallo Marcel per il suo compleanno: un viaggio verso l’ignoto, che porterà i due amici ad infilarsi in esilaranti avventure. E stupisce per la capacità sintetica che combina una libertà quasi infantile con un gioco di stencil e ritagli e un tratto vivace con un vago sapore anni Cinquanta (non ammiccante o troppo vintage) che rimanda alla felicità dei primi esperimenti munariani. Alla giovane Beatrice Alemagna invece fa pensare il vincitore della stessa categoria, The Museum of Me dell’inglese Emma Lewis (Tate Publishing) che combina due temi molto presenti – assieme ai giochi di Hide and Seek – nei libri proposti al premio: quello del museo, come espediente narrativo o come oggetto di indagine, e quello del collezionare. Enumerare, catalogare, classificare sembrano rappresentare una necessità nell’albo oggi, come se esistesse un bisogno costante di mettere in ordine la contemporaneità. Altro dato che il libro evidenza è una diffusa passione per il collage, che resiste come tecnica dalle ampie possibilità espressive, sempre più reinterpretata soprattutto grazie al mezzo digitale. Come mostra magistralmente un’altra menzione must della neonata selezione “Arte”, Il dono del taiwanese Page Tsou (Taipei Fine Arts Museum).
In una direzione surreale e esilarante – un registro del comico difficile da trovare negli albi nostrani, che invece spesso al BRAW si riscontra nelle pubblicazioni coreane e giapponesi – va Still Stuck del giapponese Shinsuke Yoshitake (Bronze Publishing). Una madre forza il figlio a spogliarsi per il bagno e il protagonista rimane incastrato con braccia e testa dentro la maglietta per un tempo che a lui sembra infinito; tanto da iniziare a ipotizzare (e visualizzare, per il lettore) come si possa vivere bloccati in questa assurda situazione. Un albo sintetico in cui il movimento compulsivo e scomposto del piccolo protagonista diventa la fonte di gag continue e situazioni assurde ma sempre credibili. Visto che spesso il BRAW funge da segnalazione per editori di altri paesi, speriamo di poterci divertire presto con il prigioniero della T-shirt anche in Italia.
Nella categoria “Non Fiction”, la più vivace e vitale nelle ultime edizioni, il premio è andato a William Grill con The Wolves of Currumpaw, Nobrow Press, tradotto in Italia da Rizzoli come I lupi di Currumpaw. La seconda prova di Grill conferma la sua capacità di utilizzare l’albo illustrato per reinventare la divulgazione. Il libro narra l’epopea del lupo Lobo e del suo branco, temuti predatori della regione di Corrumpaw nel New Messico, e dell’incontro nel 1894 con il cacciatore Ernest Thompson Seton che ne decreterà la morte. Il territorio dell’avventura più classica resta il centro del lavoro di questo autore, sostenuto da un’accurata documentazione (di cui potete leggere qui), tradotta in figure dal segno e dalle cromie di Grill e da una forma ibrida di racconto, fra libro illustrato, albo e graphic novel.
Proprio il meticciato, lo scambio fra le strutture classiche dell’albo e altri linguaggi per figure, sembra nutrire i progetti più interessanti della selezione. Nuovi esperimenti sulla forma che invece di condurre ad un formalismo (ormai troppo diffuso in questo settore) ridanno peso e vitalità alle storie.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Fumettologica