Una giungla urbana fatta di azzardi. Situazioni nate dall’intreccio di personaggi solo apparentemente assurdi. Un senatore con un passato da wrestler, un investigatore impacciato, una dark lady senza scrupoli e una carrellata di altri comprimari, tutti sopra le righe, ma verosimili, come la cronaca ci insegna.
È l’America delineata da Bill Plympton nel suo nuovo lungometraggio di animazione Revengeance, in arrivo all’inizio di aprile al Sottodiciotto Film Festival di Torino e pronto per un tour italiano di presentazioni che lo vede in cartellone allo Spazio Oberdan per la Fondazione Cineteca Italiana di Milano e, in maggio, al Future Film Festival di Bologna. Colori accesi, quasi psichedelici. Soggetti dai tratti caricaturali che si muovono all’interno di spazi dalle geometrie sghembe, per affrontare avventure costellate di rimandi al cinema pulp e, inevitabilmente, ai fumetti. Una miscela di elementi di pura finzione che, per una strana alchimia, riescono a risultare realistici e rappresentativi di quell’universo d’oltreoceano, reboante ed eccessivo, che onnipresente nella cultura di massa. Un mondo che Plympton, due volte candidato all’Oscar con i suoi cortometraggi, sa descrivere alla perfezione, trasformandolo in un palcoscenico globale, dove le bizzarrie descritte dei media trovano efficaci antidoti sia nell’ironia alla Simpsons (serie tv con la quale Plympton ha collaborato come animatore) che nelle inchieste al vetriolo dei documentari di Michael Moore. E se lo scenario narrativo di riferimento del film è assolutamente radicato nella cultura pop statunitense, per quanto riguarda lo sviluppo del progetto si è rivelata significativa una presenza italiana: quella del co-produttore Marco Milone, entusiasta del risultato.
“C’è un evidente omaggio alle atmosfere e ai temi di Quentin Tarantino – spiega – anche per quanto riguarda le musiche. Mancava un esperimento simile nell’abito dell’animazione”. Plympton, oggi settantenne, continua a disegnare personalmente ogni singolo fotogramma dei suoi film e conserva il suo stile audace e irriverente, affidando, per la prima volta, la stesura dello screenplay di un suo lungo a uno sceneggiatore: si tratta di Jim Lujan, anch’egli animatore di fama internazionale.